Gli occhiali che daranno la vista ai ciechi?

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    Gli occhiali che daranno la vista ai ciechi?
    La protesi Argus è un tipo di soluzione molto promettente

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    Tornare a vedere. Certo con tutte le discriminanti del caso. Ma è già un successo poter dissipare il buio. Il tutto grazie a un paio di occhiali, una fotocamera e un impianto nella parte interna dell’occhio.

    Si tratta di Argus II, una rivoluzionaria protesi retinica già testata anche da alcuni pazienti italiani con retinite pigmentosa che hanno riacquistato una certa funzione visiva grazie all’impianto di una protesi effettuato presso l’ospedale di Pisa.

    La retinite pigmentosa è una rara malattia ereditaria che conduce a cecità e di cui si stima siano affette in Italia circa 15mila persone. La protesi Argus è un tipo di soluzione molto promettente. Il Dottor Humayun, che già aveva partecipato allo sviluppo della protesi MARC, ha sfruttato l’esperienza acquisita per continuare a ampliare il progetto di sviluppo di una protesi visiva artificiale capace di restituire la vista agli individui che l’hanno persa a causa della degenerazione delle cellule fotorecettici della retina.

    Il nuovo team di ricerca, chiamato Intraocular Retinal Prosthesis Group, con sede presso il Doheny Retina Institute della University of Southern California, è nato dalla collaborazione tra il Dottor Humayun e il Dottor Eugene de Juan.

    CHE COSA E' ARGUS
    La protesi Argus è un tipo di impianto epiretinale molto promettente. Il Dottor Humayun, che già aveva partecipato allo sviluppo della protesi MARC, ha sfruttato l’esperienza acquisita per continuare a ampliare il progetto di sviluppo di una protesi visiva artificiale capace di restituire la vista agli individui che l’hanno persa a causa della degenerazione delle cellule fotorecettici della retina. Il nuovo team di ricerca, chiamato Intraocular Retinal Prosthesis Group, con sede presso il Doheny Retina Institute della University of Southern California, è nato dalla collaborazione tra il Dottor Humayun e il Dottor Eugene de Juan. L’ Intraocular Retinal Prosthesis Group ha provveduto alla progettazione di un dispositivo per il ripristino della visione all’avanguardia e si è affidato alla compagnia privata Second Sight per gran parte della sovvenzione e per la realizzazione materiale del dispositivo stesso, battezzato Argus.

    Funzionamento della protesi
    Il principio di funzionamento di Argus è analogo a quello della protesi MARC. Una telecamera montata su un paio di occhiali riprende le immagini esterne, che vengono poi digitalizzate da un’unità di videoprocessamento; questi segnali sono quindi trasmessi al vero e proprio impianto via onde radio, attraverso una piccola antenna montata dietro l’orecchio. Tale impianto è composto da due parti, di cui una extraoculare e una intraoculare. L’electronic case extraoculare viene attaccato chirurgicamente all’area temporale del cranio e un piccolo cavo subcutaneo lo collega all’electrode array intraoculare.

    L'electrode array delle protesi Argus sino ad ora realizzate ha dimensioni 4x5 mm2 ed è composto da 16 microelettrodi di forma circolare in platino disposti in una griglia 4x4, ma nel corso dell’ultimo anno il team di ricercatori è riuscito a sviluppare un dispositivo con 60 elettrodi e si presume sia possibile arrivare anche a 1000 elettrodi, con una sempre maggiore definizione delle immagini.

    Studi su efficacia, resistenza e biocompatibilità della protesi
    La protesi Argus in ogni fase sperimentale ha dimostrato di possedere ottimi requisiti di sicurezza e biocompatibilità. I ricercatori sono riusciti a stabilire il range ottimale di intensità degli stimoli elettrici forniti dai microelettrodi necessari per ottenere l’evocazione di fosfeni (sensazioni luminose puntiformi) chiari, senza compromissioni a carico di occhio e corteccia visiva. Un potenziale problema avrebbe potuto essere lo spostamento della protesi dovuto ai movimenti oculari, con conseguente danneggiamento della retina o distacco della retina, ma in realtà questo problema non si è mai presentato. Una strategia di particolare interesse riguarda il rivestimento e la protezione delle parti elettroniche e circuitali interne della protesi: i ricercatori hanno infatti sviluppato un diamon coating per il dispositivo. Questo sottile film di diamante con struttura ultrananocristallina (UNCD) fornisce un sigillo ermetico estremamente resistente, che isola elettricamente l'impianto e garantisce sicurezza e lunga durata (da wikipedia.org)

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    Fonte: Affari Italiani (06 maggio 2013)

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